Ce la prendiamo comoda stamattina. Sveglia tardi, colazione tardi, ritrovo pronti e colazionati tardi.
È l’ultimo giorno di viaggio puro, con le auto e le valigie, con le soste, le foto… da domani la direzione è una sola: Las Vegas.

Facciamo benzina e shuffoliamo. Passiamo al supermarket a prenderci pane e prosciutto (e le immancabili carotine in busta) o al subway per chi vuole il panino già pronto e puntiamo i musi delle auto in direzione Est. Verso la Death Valley.

Risaliamo una catena montuosa fatta di rocce grigie e marroni, quasi sembrano bruciate e colorate dal sole rovente di migliaia di anni. Arriviamo al passo e ci facciamo una micro camminata per osservare il panorama. Di fronte a noi si estende una bellissima landa desolata, il nulla a perdita d’occhio. Chiacchieriamo e scherziamo. C’è chi si siede ad ammirare il paesaggio. sapendo che probabilmente sarà l’ultima vista dall’alto di questo viaggio pazzesco.

La vicinanza con Vegas ci stuzzica il cervello, cosi cominciamo a scommettere su qualsiasi cosa: tipo in quanto tempo uno di noi può scendere la vallata a piedi. Dieci minuti è il verdetto verificato.

Ci rimettiamo in auto e superiamo la vallata ed un’altra catena montuosa per arrivare finalmente nella vera Death Valley. La valle della morte è il posto più caldo sulla terra. Ce ne rendiamo conto quando scendiamo da quasi 2000 metri a -30 sul livello del mare in un solo quarto d’ora.
Fa caldo, o meglio, si sta benissimo in t-shirt. A metà gennaio.

Sorprendentemente la vallata è piena di turisti. Sarà il weekend, sarà qualche festa di cui non abbiamo come al solito conoscenza ma la solita fortuna di ritrovarceli tutti lì… sarà il compleanno di Marco.

Facciamo fatica a trovare parcheggio vicino ad un ammasso di dune di sabbia. Un posto fantastico e incredibile da immaginare dentro una vallata di sole rocce. Camminiamo per un pò su queste dune. salendo e scendendo, mettendo a dura prova i nostri polmoni da mezzofondisti di tastiera.

Sulla punta della duna più alta vediamo un gruppo di ragazzini scivolare con tavole da surf e piatti da neve. Ci mettiamo accanto a loro a rotolarci come dei bambini giù per la duna, riempiendoci di sabbia tutto, dai vestiti fin dentro le orecchie. È un buon modo per passare le ultime ore assieme, divertendosi in mezzo al nulla.

Al calare del buio ci spostiamo verso Badwater. Abbiamo un messaggio da lasciare al BigTour 31.

Troviamo una gola perfetta, abbastanza evocativa visto che lì dentro ci hanno girato alcune scene di Star Wars. Infiliamo la bottiglietta in un buco tra le rocce e la copriamo con sassi e tutto quello che troviamo. Sarà al sicuro per i prossimi sei mesi, quando la nuova generazione di viaggiatori verrà a scoprire cosa abbiamo scritto per loro.

Il tutto sotto una stellata magnifica, e un silenzio che rompe le orecchie.

Ci rimettiamo in viaggio verso Beatty, fuori dalla Death Valley. Avevamo semi prenotato un motel, ma non dato conferma perché il segnale si era interrotto.
Così quando arriviamo fuori, dopo un’ora e mezza di strada, scopriamo che non solo le camere che gli rimangono sono tutte per fumatori (irrespirabili), ma che non avevano sufficienti letti per ospitarci tutti. E tutti gli alberghi fino a Vegas sono pieni, sempre per l’inspiegabile festa dell’orsetto.

Non abbiamo alternative, dobbiamo andare a Vegas. Stanchi, sfiniti da una giornata di sole e sabbia all’aria aperta, dopo aver mangiato al volo un panino di Subway ci sorbiamo queste fantastiche altre due ore di strada per la città che non dorme mai.

Le luci di Las Vegas si vedono ormai ad un centinaio di chilometri di distanza. La stanchezza se ne va subito quando entriamo in questo conglomerato di neon lampeggianti, palazzotti, sfarzo e kitsch allo stesso tempo. Avevamo trovato in extremis un alberghetto appena fuori dalla strip. Una catapecchia ma con camere belle, in mezzo a tutte le famose chiesette per chi vuole far la pazzia di farsi sposare da Elvis.

Appoggiate le valigie, facciamo un giro in macchina per la strip, abbagliati dalle luci di questa città senza senso.

Poi a letto. Domani si fa l’entrata trionfale all’ARIA.