Facciamo un pò tardi la sera a Page. Così la prendiamo con calma e alle 10 siamo pronti (malati e non) a partire.
Ci sono due cose da vedere assolutamente. La prima è l’Antelope Canyon: una fessura tra le rocce di migliaia di anni, dove la luce entra e crea delle visioni pazzesche….
Chiuso.
Proviamo l’altro Antelope Canyon (perché ce ne sono due). 80 dollari a testa, cash only.
Bello, ma anche no.
Non daremo questa soddisfazione agli indiani.
Delusi, torniamo sui nostri passi e proseguiamo per la seconda bomba.
Questa siamo sicuri non può scappare, né essere chiusa.
Parcheggiamo così le macchine e affrontiamo una piccola collina, tra sabbia rossa e sterpaglie secche. Scendiamo dall’altra parte, ammirando il paesaggio attorno a noi.
L’Horseshoe Bend è un posto legato a tante tradizioni, di generazioni e generazioni di BigRockers.
Come quella di essere avvicinati al pendio ad occhi chiusi… e poi aprirli tutti insieme, di fronte all’immenso.
Sono poche le parole che si riescono a dire guardando l’Horseshoe Bend. Sono sicuramente di più le lacrime.
Guardare il fiume Colorado che scorre in una gola alta più di 300 metri è un’esperienza mistica.
Fa paura osservare il dirupo, ma allo stesso tempo se n’è attratti.
Così è definito il sublime. E ci sono voluti migliaia di anni perché diventasse ciò che i nostri occhi increduli hanno visto oggi.
E ci rende piccoli, insignificanti nei confronti di un mondo che ha visto infinite albe e infiniti tramonti in più di noi. Che siamo solamente di passaggio, in un pianeta governato da forze troppo grandi per essere concepite. E il tempo.
Decidiamo di dedicare il nostro tempo a questa meraviglia, come una sorta di tributo del nostro passaggio. Ci sediamo sulle rocce, con le gambe a penzoloni nel nulla. Scattiamo foto in silenzio. Ci isoliamo, ci raggruppiamo, ascoltiamo musica classica perdendoci nei nostri pensieri, guardando l’Horseshoe Bend. È un potere che con la mente ti fa tornare a casa, ti ricorda le persone che ami, che vorresti ora e adesso, al tuo fianco, per condividere l’emozione del sublime.
Piangiamo, ma ogni lacrima che scorre sulle guance ci rende sempre più leggeri, come i piedi a penzoloni nel vuoto. Siamo vivi, siamo liberi. Siamo grati di poterci trovare sul ciglio dell’immenso.
Tornare alle macchine richiede poi coraggio… e una promessa. Che ogni BigRocker ha fatto, trovandosi come noi faccia a faccia con la meraviglia.
Pranziamo fast food (tanto per cambiare) e ripartiamo. Direzione St. George. Direzione Nevada.
Abbandoniamo le rocce rosse dello Utah e dell’Arizona, grati di aver provato tutte quelle emozioni, di fronte ad uno dei posti più belli della nostra vita.
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