Ahhh Las Vegas…
Assonnati dalla serata precedente con due palpebre più pesanti dei nostri bagagli ci catapultiamo nella hall con la speranza di riusicre a completare la missione checkout prima di dover sborsare altri quattrini in penali.
Lasciati alle nostre spalle le fontane sforzose, le finte città italiane e quant’altro Las Vegas possa offrire, carichiamo tutto in auto e partiamo alla volta del famoso Pawn Shop di Rick, il famosissimo Rick di “Non lo so, Rick, mi sembra falso”.
Arrivati nei pressi dello storico negozio dei pegni di “Affari di Famiglia” ci siamo sentiti quasi immersi nella serie, quasi pronti a vendere qualcosa e sperare di non essere buttati fuori senza il nostro amato compenso.
A dirla tutta abbiamo pure sperimentato un tentativo di trattativa da parte di una commessa che voleva farci comprare delle banconote statunitensi del 1920.
In attesa che i nostri compagni finiscano i propri acquisti più o meno cari alcuni di noi si dirigono al bar più vicino per prendere possesso delle comodissime sedie di pietra per schiacciare un pisolino più che meritato.
Con 42° sulla testa ci dirigiamo verso un concessionario di auto che al suo interno offre anche un carinissimo Diner anni 50 in cui ci fermiamo a pranzare.
Grazie ai nostri autisti che riescono miracolosamente a non chiudere gli occhi alla guida riusciamo a raggiungere l’Holiday Inn Express di Pahrump in Nevada, dove non facciamo neanche in tempo a posare i nostri bagagli che metà di noi è già in acqua.
Fun fact: Diciamo che il nostro obbiettivo di rinfrescarci non è andato proprio a buon fine dati i soli 50° di idromassaggio.
Successivamente riusciamo ad attaccare delle lavatrici dopo una settimana di panni sporchi, le valigie camminavano da sole dall’odore.
La lavanderia ormai era diventata una mini disco, dove l’experience era lavare i panni a tempo di musica.
Per concludere la giornata appena svolta e cercare di recuperare le ore di sonno perse nella città del peccato, per cambiare un po’, abbiamo mangiato un hamburger. Ovviamente da Denny’s, l’unica cosa aperta nell’arco di km.
La mattina seguente, OVVIAMENTE, non siamo riusciti a partire puntuali.
Ma quella giornata era una giornata speciale. Era la giornata che Marco Savini aspettava da tutto il BigTour.
Era la giornata dei caccia. Destinazione? Star Wars Canyon!
In realtà non si chiama Star Wars Canyon, ma Rainbow Canyon… ha preso questo nome perché i caccia statunitensi fanno le simulazioni di combattimento in questo canyon e vederli ricorda tantissimo le battaglie epiche di guerre stellari!
Da Pahrump, come detto prima, non riusciamo a partire puntuali: questo non smuove un’impassibile Marco Savini. Nulla poteva (o doveva) andare storto quel giorno.
Era il giorno dei caccia, d’altronde.
Riusciamo finalmente a partire dopo aver fatto il pieno e ci dirigiamo verso la Death Valley, diretti verso Zabriskie Point.
Ad un certo punto, mentre guidiamo tranquillamente verso la nostra meta provvisoria, vediamo un furgone bianco svoltare e andare nello sterrato.
Dato che siamo persone poco curiose e non avvezze al pericolo, ovviamente lo seguiamo.
Arriviamo in questo spiazzo dove vediamo tantissime pietre luccicanti al suolo. Poi ci rendiamo conto che non sono pietre. Sono bussolotti di proiettili sparati. Tanti. TANTISSIMI.
Eravamo capitati in un poligono di tiro illegale ed immenso. Troviamo bombole di gas, bidoni ed auto: tutto distrutto con centinaia e centinaia di fori di proiettili.
Ci spingiamo più avanti. Troviamo il furgoncino bianco. Lo guardiamo in lontananza. Decidiamo di andare via. Non ci ispira molto essere dei beta tester di eventuali bazooka.
Riprendiamo la via per la Death Valley e dopo un’oretta, finalmente arriviamo.
Si scrive Zabriskie Point, si legge uncaldopazzescoeseccodafarsvenire.
Certo, la Death Valley è molto bella, ma fa davvero caldo e decidiamo di andarcene dopo una ventina di minuti.
Ma giusto per andare in un posto ancora più caldo (vi diciamo solo 49° gradi), a 800 metri sotto il livello del mare. Consigliato non scendere dalle auto dopo le 13. Ovviamente a noi i cartelli non interessano.
Decidiamo di andare a pranzo.
Dopo pranzo, la nostra meta è finalmente lo Star Wars Canyon.
Nessuno ha forato, siamo in linea con la tabella di marcia, il sole splende, non c’è nemmeno una nuvola, nulla può andar storto. Anche il destino, che ci accompagnava in macchina, era abbastanza tranquillo, assorto con qualche giochino sul suo destinophone.
Forse fin troppo tranquillo.
Arriviamo a Star Wars Canyon (passando per l’Artist Canyon, davvero bellissimo con le sue strade strette e veloci) e ci mettiamo seduti, ascoltando il vento, cercando di cogliere quel tipico rombo da jet.
Niente.
Guardiamo in più posizioni.
Niente.
Di caccia, nemmeno l’ombra.
Che ci sia la festa dell’orsetto alla base militare?
Vuoi vedere che oggi è il giorno di riposo?
E se fossero già passati?
Il destino era sempre lì, in macchina, con l’aria condizionata. E sghignazzava.
“Oggi i caccia non volano”.
Dopo un’ora e mezza in attesa, ormai si erano fatte le 17. Non sarebbe più passati, anche per questioni di orari.
Un po’ sconfitti (e guardando male il destino), decidiamo di recarci a Bishop, dove passeremo la notte.
Però ci gonfiamo anche il petto e diciamo: “Fa niente se non abbiamo visto i caccia, oggi ci siamo proprio divertiti!”
Domani è un altro giorno, domani si va a caccia… di città fantasma!














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