È mattina presto a Page, ma tanto siamo ormai abituati a svegliarci prima dell’alba.
L’obiettivo della giornata è visitare il famoso Antelope Canyon e poi spararci più in fretta possibile verso Las Vegas, per vivere due notti da ricchi.

Per non rischiare di non trovare posto, raggiungiamo l’Antelope alle otto, prima addirittura che le biglietterie aprano.
Fortunatamente hanno posto per noi alle nove, sfortunatamente i prezzi come ci viene detto sono aumentati ancora. 72 dollari. una follia paragonati a quello che si pagava anche solo pochi master fa.
Ma ormai siamo qui. E questa è una delle occasioni che capitano una sola volta. Stringiamo i denti ed entriamo nel canyon.

L’Antelope è un percorso lungo un’insenatura di roccia rossa. Un posto che dall’alto si nasconde tra i cespugli e la terra, impossibile da vedere.
Ma quando scendi le scale, e guardi in alto, l’emozione è incredibile.
Per un’ora risaliamo questa sorta di cattedrale sinuosa, accarezzando le rocce, fotografando ogni singolo centimetro, contemplando senza parole la meraviglia di un posto che trasmette sacralità, scolpito da acqua e vento per milioni di anni.

Impariamo tanto da questa visita, sulla formazione dei canyon, sulla geologia incredibile di questa parte del mondo, ma soprattutto come la tribù dei Navajo è venuta in possesso di questa zona, solo perché allevavano più animali di altri.
Risbuchiamo dal canyon nel nulla del deserto e risaliamo in auto, non prima di un battibecco con gli indiani perché una del nostro gruppo a metà scalinata non se l’è sentita di scendere e questi non l’hanno voluta rimborsare.
Torniamo in albergo con un sentimento agrodolce rispetto all’esperienza. Page ha la più grande concentrazione di meraviglie naturalistiche del mondo: negli anni è sicuramente diventata una delle mete turistiche per eccellenza nell’ovest degli Stati Uniti e dovrebbe essere un vanto e un privilegio per la sua popolazione (visibilmente nativa americana per la quasi totalità) poter accogliere e mostrare queste meraviglie a chi le visita. Invece ne esci con la sensazione di un popolo che se ne approfitta di tutto, che se può spillarti soldi lo fa, che ti tratta con indifferenza, come se volesse ancora vendicarsi su chiunque dei torti subiti decine di anni fa.

Ma non è questo sentimento ad accompagnarci nella traversata che abbiamo fatto verso il Nevada. Ci mettiamo in auto e puntiamo i musi verso la città che non dorme mai.
Sosta pranzo a St.George, un paesino appena dopo il confine per mangiare tacos gourmet e far esplodere le arterie con milkshake di torte (esatto, delle torte) frullate al momento con gelato.

Corriamo tantissimo, acceleratore a tavoletta. Il mantra di oggi è “ogni secondo in più in macchina è un secondo in meno a Vegas”.
Scorgiamo da lontano la città immensa e, mentre l’imbrunire si fa avanti, entriamo nel parco giochi per adulti più grande del mondo.
Con i suoi 56 piani di assoluta nababbezza, l’ARIA ci accoglie increduli ed eccitati.

Saranno due notti da ricchi.
E come da tradizione il blog si interrompe per tutta la nostra permanenza a Vegas.
Ci rivediamo domani.