Siamo finalmente in California. E si sente. La temperatura è scesa di almeno una ventina di gradi da ieri, il sole batte ma non abbatte e le persone parlano con un accento da surfisti.
Facciamo colazione tipica americana in un vecchio diner accanto all’albergo, assieme ad altre decine di famiglie indigene che, dall’aspetto, adorano passare il sabato mattina a ingozzarsi.
Oggi dobbiamo sconfinare la catena dello Yosemite e fare tantissimi chilometri, per cui benzina, shuffle e si parte.
Mentre corriamo, il paesaggio attorno a noi si trasforma nuovamente. Le distese di sale diventano praterie di erba ingiallita dal sole, i ramoscelli senza vita del deserto diventano frutteti infiniti che tingono di verde l’ambiente.
È il primo pomeriggio quando cominciamo a risalire le montagne del Sequoia National Park. La temperatura scende di curva in curva e, appena in cima, appaiono finalmente una, due, tre, dieci sequoie giganti dal tronco rosso, come le rocce che abbiamo lasciato nello Utah.
Parcheggiamo e continuiamo a piedi in mezzo ai boschi di alberi millenari, alternati ogni tanto a questi bestioni enormi, dal diametro impossibile da abbracciare in una sola persona e dall’altezza di un palazzo di quattro piani.
Scattiamo milioni di foto al generale Sherman, che abbiamo scoperto essere l’albero più grande del mondo (a livello di massa, come qualcuno ha voluto precisare).
Proseguiamo la nostra camminata nel bosco, con il naso all’insù, apprezzando in silenzio la pace millenaria di questo posto.
Incrociamo diverse persone che ci dicono che più avanti hanno avvistato degli orsi.
Alcuni temerari proseguono nella speranza di poterli vedere, mentre altri più prudenti tornano indietro, riposandosi nel fresco del bosco.
Un luogo magico, completamente diverso da tutto ciò che abbiamo visto finora, ma di uguale potenza.
Abbiamo abbondantemente passato le duemila miglia di viaggio. Cominciamo a percepire che non manca molto al ritorno in Italia, ma cerchiamo di non ricordarcelo e goderci ancora di più ogni singolo attimo di questa America.
E domani concluderemo con l’ultimo elemento naturale del nostro viaggio: l’oceano.
















































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