Il deserto da, il deserto prende.
Ci svegliamo molto presto a Pahrump. Oggi affrontiamo un altro mostro sacro del BigTour: la valle della morte.
Per entrare, attraversare e uscire dalla Death Valley bisogna avere in chiaro una cosa. Anzi due: che farà caldo, tanto tantissimo caldo, e che nulla va come lo si prevede.
E già questo vi fa capire che la giornata che abbiamo affrontato non è stata per niente banale, anzi. Verrà ricordata probabilmente tra i record dei viaggi di BigRock.
Tenete a conto questo: il deserto da, il deserto prende.
Ricominciamo. Sveglia presto, assalto al supermercato.
Prima regola del deserto: fa sempre più caldo di qualsiasi cosa tu possa immaginare. Per cui al supermercato compriamo milioni di galloni d’acqua preventivi e qualche frutto per il pranzo.
Benzina, solito shuffle degli equipaggi e partiamo carichi.
A Parhump ci sono 34 gradi, e sono solo le 9:30 del mattino. Alle 10 siamo in Death Valley e la temperatura è già salita a 38. Cominciano a saltar fuori scommesse sul massimo che raggiungeremo in giornata. Chi dice 45, chi 47 chi 52… Sembra quasi assurdo scommettere sulla propria probabilità di morte per caldo. Ma siamo appena stati a Las Vegas, ormai il gioco d’azzardo non ha più segreti per noi.
Facciamo un piccolo sterratino e ammiriamo il paesaggio dallo Zabriskie point. Bello, bellissimo. Il deserto ci sta dando uno spettacolo incredibile come tutti i paesaggi sconfinati già visti negli ultimi dieci giorni.
Ma è quando scendiamo verso Badwater che la temperatura comincia a salire: 40, 42, 45. Il termometro non si ferma, e un vento caldo ci assale rendendo quasi impossibile respirare a pieni polmoni se non vuoi l’inferno dentro.
Camminiamo qualche decina di metri sulla distesa salata di Badwater prima di desistere dalla calura, molti addirittura non scendono neanche dalle auto per sopravvivere con il condizionatore a palla. Il deserto comincia a prendersi il nostro sudore, che non facciamo neanche a tempo ad accorgerci che è evaporato.
Non siamo contenti. 45 gradi è solo scalfire la superficie del vero potenziale maligno di questo posto. Così decidiamo di prendere una strada sterrata che porta esattamente al centro della valle della morte.
46… 47… 48.
Ci siamo quasi… quando alla radio:
“ragazzi, il quadro ci dice che una ruota ha 0% di pressione”
“ti vediamo Pathfinder, è completamente esplosa”
Dilaniata è il termine giusto. Non abbiamo mai visto un copertone ridotto in questo stato.
Il deserto si è preso anche lui.
Ma nessun problema. Abbiamo l’esperienza di mille viaggi e altrettante ruote cambiate.
Cric, ruota di scorta e via che si riparte.
Un chilometro… è bastato solo un chilometro per:
“ragazzi, il quadro ci dice che un’altra ruota ha il 5% di pressione”
“non vi preoccupate Pathfinder, è quella di scorta che non ha il sensore”
“no no, quella di scorta va bene… è un’altra”.
Si, il deserto se n’è presa un’altra.
E ovviamente le ruote di scorta sono finite. Tornano alla memoria vecchi ricordi, di auto lasciate per giorni alla stregua degli eventi prima di recuperarle.
Ma non questa volta. Questa volta abbiamo Challenger, che il destino ha voluto cambiassimo ieri con un’auto compatibile.
Così molliamo “temporaneamente” Pathfinder in mezzo al nulla, carichiamo valigie ed equipaggi nelle altre auto e spostiamo tutti a Furnace Creek prima che si sciolga qualcuno.
Recuperiamo la ruota di scorta di Challenger e ci riavviamo di nuovo in mezzo alla valle della morte.
L’una del pomeriggio, 49 gradi.
Arriviamo all’auto pronti ad un altro caldo ma veloce pit stop della seconda ruota già a terra, quando il silenzio assordante della Death Valley viene sferzato da un poco rassicurante pssssssssssss.
Il deserto si è preso anche la terza ruota.
Record. Un gioco a premi.
Non una, non due, ma tre ruote della stessa auto bucate nel giro di un chilometro, in mezzo al niente. E la ruota di scorta dell’unica macchina compatibile era già stata usata.
Ancora increduli e scottati, cambiamo velocemente la seconda ruota. Invano proviamo a farci stare una delle altre marche, ma mannaggia a loro per un millimetro non entra.
Così ci lasciamo alle spalle per la seconda volta Pathfinder nel nulla e torniamo indietro a Furnace Creek.
Abbiamo imparato negli anni che, quando il deserto pone una sfida e ti prende qualcosa, in cambio ti da l’istinto di sopravvivenza che ti fa decidere in maniera lucida cosa fare in breve tempo.
Così ecco il nuovo piano: mentre Discovery carica le tre gomme bucate e le porta a far riparare a Parhump, stacchiamo le due ruote posteriori di Challenger per portare almeno fuori dal deserto Pathfinder.
Per cui, per la terza volta, ci addentriamo nel deserto. Sono ormai le quattro di pomeriggio. E ci sono ancora 47 gradi.
Pathfinder è ancora lì, sola, mezza tenuta in piedi da un cric e una ruota non compatibile. L’unica ruota originale rimasta funziona ancora, per ora.
Non perdiamo tempo e mentre moriamo sotto il sole, mettiamo su la ruota di Challenger e scappiamo dal deserto.
Raggiungiamo Furnace Creek e mentre aspettiamo che ritorni Discovery da Parhump con le gomme nuove, beviamo litri di coca cola nel ristorante del resort.
Veniamo accolti a braccia aperte da una manager pazzesca, che ci offre da bere e riparo dal caldo dell’esterno.
Nel frattempo finiamo di scrivere il messaggio per il Master 35 e decidiamo, facendo piangere di emozione la manager, di nasconderlo dentro al locale per i prossimi sei mesi.
Sarà pazzesco tornare qui a Gennaio, con il ricordo di questa giornata difficile ma intensa.
Lasciamo Furnace Creek al tramonto, carichi di valigie e persone. Attraversiamo questa landa desolata tinta di rosa dal crepuscolo pensando alla giornata trascorsa.
Il deserto ci ha tolto aria, energie, ruote… ma ci ha dato in cambio una storia quasi assurda da raccontare nei prossimi viaggi.
“Quella volta in cui in Death Valley abbiamo bucato tre ruote della stessa auto”…























































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