Oggi siamo arrivati al campo in tarda mattinata, verso le 11, dovremmo volare di li a poco…ci prepariamo, ma niente, non arriva il permesso al decollo.
Cosi aspettiamo un po’, sistemiamo cose, dormiamo sdraiati al sole…
Controlliamo i nostri aerei…e ogni volta che lo faccio scopro un particolare nuovo, un graffio o un piccolo segno nella vernice.
E ognuno di quei segni ha un ricordo preciso: una manifestazione in cui salendo di corsa una delle cerniere della tuta ha strisciato il sedile, un segno sul portachiavi della chiave dell’aereo mi ricorda quante migliaia di volte l’ho inserita e girata e la frase di Franc “lascia solo una chiave li, cosi non sbattono quando fai le manovre, una sola, non di più”. La cloche ha la pelle della manopola consumata solo dal lato in cui l’ho impugnata per tantissime volte, ed è più chiara proprio sotto il pulsante dei fumogeni, il blocco delle cinture ha i segni di tutte le volte che le cinture sono state agganciate e sganciate.
Ogni segno che tu lasci nel tuo aereo ha una piccola storia,
ma quelli che lui lascia su di te sono invisibili, ma molto molto più profondi.
Sono panorami, sono manovre, sono sudori freddi o sorrisi cosi grandi da farti saltare un battito di cuore. Sono terra al posto del cielo, sono piste in asfalto, in erba, sono mare, tanto mare, sono montagne bianche viste da 5000 metri, sono nuvole, pioggia, vento.
Forse tra poco decolleremo ancora, ci riprepariamo, tutto pronto, gli aerei, benzina fatta, vaselina fatta, controlli…siamo pronti.

Ma niente, anche questa volta un falso allarme.
Cosi dopo 3 volte, decidiamo di gironzolare per il parco che stanno preparando, e ci imbattiamo in un gruppo di cammelli.
Quale occasione migliore per solcare delle dune in groppa ad un cammello? questa, appunto.
La cosa da ricordare del cammello è che è morbido, tantissimo, sembra un peluche enorme.
E la seconda, appunto, è che enorme, quando si alza da seduto fa impressione. Ancora di più quando si piega per farti scendere. Meglio delle montagne russe.
Sale e scende dalle dune come se non facesse nessuna fatica.
Ne abbiamo fatta più noi a restare saldamente aggrappati per non cadere come dei sacchi di patate.
Alle 17.30 decolliamo finalmente, due allenamenti, uno di seguito all’altro.
Una volta una persona che con il volo non c’entra molto, quando seppe della pattuglia mi disse “it’s a matter of trust“.
Aveva immensamente ragione.
Volare cosi è solo una questione di fiducia, tanta, tantissima fiducia.
Fiducia nei meccanici, che sappiano fare il loro lavoro, che ogni vite, ogni singolo pezzo sia al suo posto, perfetto.
Fiducia nei tuoi compagni di volo che non sbaglino nemmeno di un metro la loro manovra.
Fiducia in chi sta davanti, perché chi sta dietro non vede niente del volo, vede solo l’aereo davanti a se, per tutte le manovre.
Se lui va dritto, tu vai dritto, se lui vira, tu viri, se lui sbaglia, tu sbagli.
E chi è davanti si fida di chi ha dietro che non sbagli nessuna delle manovre centrandolo in pieno.
Nessuno in una pattuglia ci arriva per caso, ci arrivi dopo centinaia di ore di volo, ci arrivi se hai passione, tenacia, caparbietà.
Perchè ogni mm vicino ad un altro aereo, si conquista con la pratica, le ore di volo, decine di ore di volo.
Si conquista facendo in modo che gli altri si fidino di te, di come piloti.
Nessuno in una pattuglia ci arriva perchè “il destino” ha voluto cosi. Ci arrivi perchè ci volevi andare, volevi essere li in quell’ala più di ogni altra cosa.
Perchè essere li, vuol dire vedere panorami come questi, vuol dire volare come non hai mai fatto prima, vuol dire fare decine di migliaia di km in giro per il mondo, vuol dire che sei una persona affidabile, che voli bene. Vuol dire talmente tante cose che si, quella persona ha riassunto tutto in pochissime parole “it’s a matter of trust“.
Toriamo in albergo con la nostra solita strada di un’ora in un pullman scassato tra deserto e asfalto, ci aspetta una cena come al solito “particolare”…
Andiamo a letto presto, domani ancora allenamento, ancora meraviglia.
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